Calabria. Il meraviglioso borgo di Cleto e il suo fantastico Castello normanno. Foto, info e... Poesia

Calabria. Il borgo di Cleto CS . Foto di Maurizio P.
Cleto è un piccolo (1251 ab) e interessantissimo borgo della Calabria  in provincia di Cosenza. Situato sulle colline del versante tirrenico della Calabria, a poca distanza dal mare, in cima al borgo spiccano i resti del suo bellissimo castello normanno.
Calabria. Il borgo di Cleto CS e il suo castello. Foto di Salvatore Vatrano.
Cleto ha origini storiche molto antiche.
Questo grazioso borgo, grazie alla sua posizione gode di un buon clima, estati calde ed inverni miti. Il borgo di Cleto è immerso nel verde degli ulivi e della macchia mediterranea. Nella zona del fiume Savuto si producono arance e limoni.
Una menzione particolare va fatta alla fauna di questa zona costituita da varie specie di uccelli rapaci, volpi, cinghiali e secondo alcuni nella zona montana anche da lupi.
Calabria. Il borgo di Cleto CS e il suo castello. Foto di  Shāh Kaih Māt
Distanze autostradali fra Cleto e i principali centri della CalabriaCleto-Cosenza. 68 km--Cleto-Catanzaro. 71 km--Cleto-Crotone. 137 km--Cleto-Vibo.V. 72 km--
Cleto-Reggio Calabria. 156 km--Cleto-Paola. 47 km--Cleto-Corigliano-Rossano. 65 km--
Cleto-Lamezia t.. 45 km--Cleto-Locri. 148 km

Qui di seguito pubblichiamo un interessante testo e una poesia su Cleto di Daniela Ferraro, poetessa e scrittrice locrese che ringraziamo per averci gentilmente inviato questo pregevole materiale letterario.
"È ancora il verde dei nostri uliveti a fare da cornice all’antico borgo di Cleto (CS) arroccato sulle pendici del monte Sant’Angelo tra l’incessante gorgoglio delle fiumare del Savuto e del Torbido che fungono da confine naturale al suo territorio.

Leggendarie le sue origini collegate all’amazzone Cleta, nutrice della regina Pentesilea morta, per mano di Achille, nella guerra da lei sostenuta in soccorso dei Troiani contro i Greci. Partita alla volta dell’Asia minore per recuperare il corpo della sua regina, l’amazzone si sarebbe invece fermata su questo sperone roccioso fondando l’omonima città le cui regine, dal suo nome, si sarebbero poi sempre chiamate “Cleta”. Rinominato “Pietramala” , cioè “pietra cattiva, inaccessibile” ( “Solo le formiche possono salire a Pietramala” scriveva il Padula) durante l’occupazione normanna, nel 1862 il borgo venne nuovamente appellato Cleto.

In corrispondenza della frazione chiamata Savuto dall’omonima fiumara, su per gli impervi gradoni scavati nella roccia, ci viene incontro il castello normanno con le sue possenti mura perimetrali ben conservate, il portale di pietra risalente ai lavori di ristrutturazione del XVI secolo, le due imponenti torri merlate destinate una alla difesa, l’altra, nella parte inferiore, anche all’alloggio del feudatario dove tra l’altro fervevano lavori di filatura e di tessitura del lino e del baco da seta. All’interno, un’ampia cisterna in cui raccogliere l’acqua piovana, un’altra vasca coperta forse destinata alle derrate alimentari.

 Ed ecco aprirsi davanti ai nostri occhi “la lupa”, una profonda voragine senza una via d’uscita all’interno della quale venivano gettati i condannati destinati a morte sicura o per la caduta oppure per fame. Spesso cruenta, infatti, è la giustizia del barone. Il suo occhio vigile controlla tutta la valle sottostante disseminata delle povere abitazioni dei contadini e degli artigiani sempre protesi a duri lavori, pressati dalle corvées e dalle esose tasse feudali. Ma c’era poi il giorno in cui il suono della campana si spandeva, martellante, nell’aria…e allora i valligiani si inerpicavano su per i gradoni rocciosi alla volta del tetro castello divenuto, adesso, unico rifugio e salvezza, le gole squarciate all’interno di un unico grido: “Li Turchi su sbarcati alla marina!”

©Daniela Ferraro

Omaggio a Cleto.

Da Troia in fiamme
fuggì Cleta l’ancella
-di sua regina
mesta la morte in cuore-
ma il ritornare
a sue bramate esequie
fermò la rupe
dove sostò dolente.
Fu l’aspro pianto
semenza a duri sassi
“E’ Pietramala
cattiva strada al viandante”.

Brusìo di genti,
candido seno ai figli,
sudore greco
dissoda ingrato passo
e pio rifugio e asilo
porge il castello
-al truce Saraceno
impervio è il varco-

Sorridi, or Cleto,
dei verdi tuoi uliveti,
serpeggia lieta
su per le vie del borgo.
Fu un’ancella regina,
nome suo in tante….
Da Pietramala in Cleto
volta ti ha Amore.

©Daniela Ferraro
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