giovedì 24 maggio 2018

Calabria antica. La dolce vita dei sibariti. Sibari era la più ricca, sfarzosa, popolosa e potente, tra le colonie achee


Di Daniela Ferraro
Era di gran lunga la più popolosa, la più potente, la più ricca tra le colonie achee la bella Sibari fondata in Calabria, secondo la cronologia di Eusebio, nel 708 a.Cr. tra il corso dei due fiumi Crati e Sibari (oggi Coscile) dall'ecista Ois…d'Elice. I due fiumi avevano reso molto fertile il territorio che offriva in abbondanza frumento, olio, vino, frutta e in quantità di molto superiore alle esigenze locali, le sue ricche miniere trasudavano rame e argento, la sua cavalleria era famosa quanto quella di Taranto e quella messapica. Le sue navi solcavano il Mediterraneo per raggiungere Mileto, l'Etruria, la Sardegna commerciando i propri prodotti e ritornando ricolme di tessuti finissimi, tappeti, avori, profumi, incensi, oggetti d'argento finemente lavorati e d'ogni altro articolo di lusso da offrire ad una popolazione mai sazia del superfluo. “I Sibariti sono schiavi del loro ventre e amanti del lusso” scriveva Diodoro Siculo riportando su di loro diversi aneddoti. Narrava, ad esempio, di un Sibarita che, dopo una visita a Sparta, aveva affermato che era solito stupirsi del coraggio degli Spartani ma che, dopo aver visto la vita frugale e miserabile che essi conducevano, poteva di conseguenza ben affermare quanto essi fossero pari ai più miseri degli uomini e che sarebbe stato di certo meglio per loro morire piuttosto che vivere in tali condizioni perché “ anche il Sibarita più codardo preferirebbe di certo la morte piuttosto che vivere una simile vita!”

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Per quanto sia inevitabile il pensare che sia gli altri Greci come pure i Romani esagerassero senz'altro nel raccontare di lei sia per catturare l'interesse degli ascoltatori attratti dalla visione di questa città da “Mille e una notte” sia per invidia o astio politico, è innegabile che la vita, a Sibari, si svolgesse all'insegna del lusso e dello sfarzo. E si narrava così della “triphè”, la dolce vita di Sibari che lasciava incantato l'auditorio: i facili costumi sessuali e gli splendidi vestiti dei suoi abitanti intessuti di fili d'oro e impreziositi da spille dorate, le strade coperte per passeggiare anche d'estate al fresco e perché, la mattina, il sole non entrasse nelle case a turbare il sonno mentre una musica, ovunque, accompagnava il passo dei cavalli. Le grandi sale dei banchetti erano riccamente decorate ed adorne di bende e corone e recavano al centro un grande mosaico pavimentale. A Sibari si banchettava ad ogni ora tanto che era un vanto per i suoi abitanti l'affermare di non vedere mai sorgere né tramontare il sole. E l'aria era profumata da incensieri e il pasto accompagnato da musiche e danze. Per ordine del governo sibarita, i galli non potevano stare dentro le mura della città per non turbare, all'alba, il sonno dei suoi abitanti che doveva, invece, protrarsi fino a tarda ora. Tale molle vita non impedì comunque ai Sibariti di fondare subcolonie quali Laos, Scidro e Poseidonia né, alleati con Metaponto e Crotone, di radere al suolo la città di Siris (metà del VI sec.a.Cr.).


Sibari era retta a quel tempo da un governo oligarchico, espressione delle grandi famiglie proprietarie terriere e mercantili che venne, però, ben presto in dissidio con il partito democratico che reclamava il potere chiedendo anche una più equa distribuzione delle ricchezze. Il capo di quest'ultimo, Telys, riuscì ad impadronirsi del governo esiliando cinquecento cittadini tra i più facoltosi che si rifugiarono a Crotone chiedendo il suo aiuto. Sul fiume Traente, i Sibariti vennero sconfitti con conseguente caduta della dittatura di Telys e l'assedio alla città. Scrive Strabone” I Sibariti furono vittime del loro orgoglio e del loro lusso. Tutta la loro prosperità fu distrutta in 70 giorni dai Crotoniati che, dopo aver preso la città, deviarono su di essa il corso del fiume Crati sommergendola sotto acqua e fango.” Mi viene alla mente il canto VI dell'Inferno dantesco : Non più sontuosi banchetti per i Sibariti, bensì un'eterna pioggia di acqua fetida e fango. Ma anche la golosità mista a lussuria può diventare leggenda.
Pubblicato su gentile concessione dell'autrice, Daniela Ferraro







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